Questa volta vi proponiamo la visita ad una delle isolette che fanno da corona a Ponza:Zannone. Era nota agli antichi greci e romani con il nome Sinonia (Σηνωνία in greco antico). E’ stata sede di un monastero cistercense di cui restano importanti ruderi. Dal 1979 l’isola è stata inclusa nel Parco Nazionale del Circeo, data la sua grande rilevanza naturalistica per i suoi interessanti endemismi floristici e faunistici.
L’isola di Zannone è la più settentrionale delle Isole Ponziane, ed ha un’ estensione (1,02 km²) e si trova a circa 6 miglia dal porto di Ponza. Lì ci aspettano le fughe dei cornuti mufloni, i voli delle berte, dei falchi e dei gabbiani, i profumi e i colori di una natura incontaminata, la frescura di un bellissimo bosco di antiche querce ( tra cui un unico esemplare di quercia castagnara), lecci e un tripudio di macchia mediterranea selvaggia e inviolata. L’isola è meta di transito di ben 329 specie di uccelli. Sono presenti il falco di palude e il falco pellegrino. Vi nidificano il Marangone dal ciuffo, la Berta maggiore e quella minore, insieme al Gabbiano Reale . Inoltre vi si trovano alcune specie endemiche come la lucertola di Zannone oltre ad alcuni insetti (lepidotteri, ortotteri) e ragni
Zannone non è un’isola marittima come le altre consorelle dell’arcipelago: per goderla appieno bisogna, a differenza delle altre, visitarla a terra, seguendo rispettosamente i sentieri che l’attraversano. Ma anche i fondali intorno all’isola sono sicuramente degni di essere ammirati. E’ un’escursione alla portata di tutti anche se un po’ faticosa: si tratterà di fare la leggera salita che dal Varo porta alla Villa e ai ruderi del Convento.
Ci imbarcheremo sul barcone che ci condurrà all’isolotto non tanto tardi in modo da arrivare a Zannone intorno alle 10 affinchè il sole non sia troppo alto e la salita sia meno pesante. Porteremo con noi maschere, pinne e torcia sub per fare un po’ di snorkeling intorno all’isola.
Dopo l’isolotto di Gavi vedremo un gruppo di piccoli scogli. Il primo è uno scoglio piatto denominato la Piana di Mezzo. Dopo circa un migliaio di metri incontriamo un altro scoglio, più alto e grosso, detto lo Scoglio Rosso di Zannone. Ancora un po’ e arriviamo al Varo: l’ approdo posto in faccia a Ponza. C’è una piccola banchina in cemento che permette l’approdo di barche non troppo grandi, in un’insenatura piccolissima che è riparata dai venti del Nord (Tramontana, Grecale e Levante) mentre è aperta ai venti provenienti da sud e da ovest. Nella parte più interna dell’insenatura c’è un scalo di alaggio che veniva usato per tirare a secco le barchette dei monaci pescatori nel medioevo o quella del guardiano dell’isola ai tempi in cui era una riserva di caccia in uso al famoso Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino.
Appena sbarcati saremo investiti da un intenso profumo di mare. Una percezione che sulle isole non è rara ma che qui assume un’intensità amplificata dalla mancanza assoluta di ogni tipo d’inquinamento e dalla concavità del sito, che trattiene l’odore senza fine del mare, come sotto una cappa: una sensazione quasi erotica che scatena pensieri di beatitudine e libertà.
Dal fondo dell’insenatura parte il sentiero – lastricato con pietre locali – che porta alla Villa del Convento(1920). Questa, egregiamente tenuta dai Casati fino agli anni 70, purtroppo è oggi in cattivo stato di conservazione in attesa che il Parco del Circeo realizzi il progetto che prevede la sua ristrutturazione. L’idea è quella di farne un “rifugio di mare” con poche stanze e, al tempo stesso, un osservatorio internazionale sull’avifauna, aperto in primavera e autunno, per ammirare le moltissime specie migratorie che sostano sull’isola durante il viaggio che dall’Africa le porta verso il Nord Europa.
Prima d’incamminarci verso la villa e ruderi del convento bisogna dare uno sguardo all’interessante vasca-piscina posta nei pressi dell’approdo. Questa, indubbiamente usata dai monaci che tra il 650 e 1295 si stabilirono sull’isola, assomiglia in piccolo alle Grotte di Pilato. Serviva molto probabilmente ad allevare e conservare i pesci che i monaci stessi pescavo nei dintorni dell’isola. Dei monaci però parleremo una volta che avremo raggiunto i ruderi del convento.
Solo il tratto iniziale dello stradello è una salita vera e propria, il resto, fatto senza fretta, diventa una passeggiata allietata dall’inebriante profumo del mirto, che dopo quello del mare ci da in benvenuto olfattivo a Zannone. Ma le nostre emozioni olfattive non finiscono qui. Percorrendo gli ultimi duecento metri, che sono un rettilineo che termina davanti all’ingresso della villa,saremo colpiti dal tenue e delicato profumo dell’erica miltiflora, da quello pungente proveniente dai cuscinetti di euforbia e da quello pulito e deciso della lavanda. Ma anche l’occhio gode: un sguardo alle vostre spalle e potrete vedere lo spettacolo incomparabile di Ponza, immersa nell’azzurro luccicante del suo mare. E noi che siamo sulla verde Zannone, avremo l’impressione di essere una piccola porzione di terra presa dal cuore di un verdissimo continente e scagliato nel più azzurro dei mari.
Arriviamo alla villa-ruderi convento, facciamo una breve sosta per prendere fiato e godiamo del panorama mozzafiato sia dal lato Ponza che dal lato Circeo e quello di Palmarola. Ma il tempo è tiranno ed è ora di andare nel bosco. Il sentiero comincia dove è ubicata l’ultima cella del convento a levante e tende a salire dolcemente. Dal Convento (m.120 ca) a Monte Pellegrino (m 194), la vetta dell’isola, non ci vuole molto. Dopo circa 200 metri di sentiero si giunge ad un bivio: il sentiero che va verso sinistra porta dopo poche decine di metri allo schienale da cui si diparte la strada che porta al Faro; quello che va verso destra – che dopo un po’ si biforca – porta invece al bosco, attraverso due percorsi diversi. Uno attraverso lo schienale del Monte Pellegrino, l’altro di lato.
Qui il gruppo potrebbe anche dividersi. I meno dinamici potranno prendere la via di sotto fino a raggiungere il bosco a mezza costa.
Gli altri andranno fino al Monte Pellegrino, dal quale si domina tutta l’isola. Da quassù si vede chiaramente lo scheletro orografico di Zannone diviso in tre parti a forma di Y, il cui punto centrale è costituito appunto dalla vetta del monte. Quella dal lato sud, in dolce pendio, tutta ricca di macchie fitte come un tappeto verde si estende fino ad ovest per un’estensione di una quarantina di ettari. Ottimo pascolo per i mufloni e rifugio per le quaglie. La parte del lato nord, di fronte al Circeo, è ricoperta di una fitta macchia alta di corbezzolo, erica arborea e leccio. E’ scoscesa verso il mare e misura più o meno come quella a sud. La terza parte della Y è quella che si apre a levante e consiste in un avvallamento di circa 20 ettari, delimitato ai lati da due pronunciati contrafforti, detto il Cavone del Lauro. Lì c’ è un fitto bosco di lecci di grandi dimensioni. Il Faro è sotto di noi, verso nord, mentre alzando lo sguardo ci sembrerà di toccare le case di S. Felice Circeo. Uno spettacolo indescrivibile! Il bosco di Zannone, fino all’ultimo taglio avvenuto nel drammatico inverno del 1943-44, fu utilizzato come rifornimento di legna, carbone e frascame per i forni di Ponza. Dopo di allora non ci sono stati più tagli, per cui è stato possibile salvare questo grande patrimonio naturalistico. Non abbiamo visto ancora un muflone, oggi sono solo una trentina, mentre nel 1943 se ne calcolavano oltre 500. Ma la fame dell’inverno del 43 ne causò una strage. Ora la popolazione è controllata per motivi di equilibri con la flora. E’ possibile vederli al mattino prima delle 9,oo e poco prima del tramonto. Durante queste ore se ne può scorgere qualcuno in prossimità del mare. Nel bosco – mentre saremo investiti da ondate di fragranze profumate, tra le quali prevalgono quelle del Lauro – i più attenti potranno vedere qualche esemplare di Lucertola di Zannone (Podarcis sicula patrizi) o di Carambice della quercia (cerambix cerdo), un coleottero dal colore nero intenso che raggiunge anche i 10 cm.
E’ ora di far colazione. Ritorniamo alla villa-convento e consumiamo la nostra colazione al sacco all’ombra dei ruderi e nel frattempo vi racconterò un po’ la storia di questa magnifica isola.
Zannone è costituita da rocce sedimentarie formatesi nel periodo carbonifero dell’era paleozoica. Vi sono argillocisti grigio-chiaro e argillocisti caratteristici di terreni devoniani, calcari in azzurro e grigio scuro con vene cristalline come bardiglio; bianchi lastroni di calcari cristallini a strati sottili, dolomiti grige azzurrognole. Una trentina di milioni di anni più tardi, intorno al 600 d C, una comunità di monaci benedettini mise piede sull’isola. Fu il primo insediamento stabile. Nel 813, a seguto dell’occupazione di Ponza da parte dei Saraceni, i monaci di Zannone (e Ponza) si trasferirono a Gaeta da dove proseguirono per Arcinazzo, dove fondarono un nuovo monastero intorno al quale secondo l’uso dell’epoca sorse la comunità profuga di Ponza di Arcinazzo (oggi Arcinazzo Romano). Quando nel 929, dopo un secolo di guerre sul mare, i saraceni furono cacciati, le isole passarono sotto il Ducato di Gaeta e nel 976 il Duca Gregorio diede Zannone al Monastero di S. Michele Arcangelo di Gaeta, che però sbarcò sull’isolotto solo il 29 giugno del 1213 per restarvi fino al 1295, quando nuovamente minacciati dalle incursioni saracene, abbandonarono definitivamente Zannone per tornarono a Gaeta ove fondarono il monastero dello Spirito Santo di Zannone.
Di Zannone non se ne parla più fino al 1816, quando la ritroviamo menzionata in un Sovrano Rescritto del 30 ottobre con il quale si ordinava la cunsuazione del suo territorio a favore degli abitanti di Ponza che però non avvenne. Anzi nel 1819 l’Università di Ponza deliberò essere più utile conservare Zannone agli usi civici degli abitanti di Ponza. Intervenne il Demanio dello Stato che reclamò a se la proprietà. Si instaurò un lungo contenzioso tra lo Stato e il Comune di Ponza che si definì solo nel 1913 con la vittoria del piccolo Comune di Ponza che si vide riconosciuta la proprietà dell’isolotto.
In quel periodo l’isola fu data in affitto ad una società di ricchi signori del nord rappresentati da un certo signor Negro. Durante la I Guerra Mondiale, un sottomarino tedesco al largo di Zannone silurò il motoveliero “Corriere di Ponza”: 35 ponzesi persero la vita. Nel 1923 l’isola fu data in affitto come riserva di caccia ad un altro gruppo rappresentato da un certo Comm. Peretti, ma di cui erano magna pars i Casati Stampa di Soncino, nobili di Arcore. Il Comune ampliò la casa trasformandola in una villetta. La nuova società tenne il possesso di Zannone fino a poco dopo quella sera del 30 Agosto del 1970, quando a Roma il Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino decise di porre fine alla sua ambigua vita uccidendo, con uno dei suoi fucili da caccia, prima la moglie, la bella Anna Fallarino e poi il suo giovane amante Massimo Minorenti, entrambi rei – secondo i giornali – di essersi innamorati veramente (dopo essere stati a lungo i consenzienti delle sue perversioni), e poi, sé stesso. La stampa di allora favoleggiò a lungo sui festini a luci rosse di Zannone, ma se ci furono non fanno parte della storia, ma della cronaca mondana. Forse anche dare un taglio a tutto ciò, il Comune di Ponza, con una visione ambientalista, d’avanguardia per l’epoca, nel 1979, decise di affidare l’isola al Parco Nazionale del Circeo, che la detiene tutt’ora.
Ora si è fatto tardi e bisogna scendere giù al Faro dove ci aspetta il nostro barcone per accompagnarci a fare un bel bagno o un po’ snorkeling per chi ne avrà voglia.
Ripercorreremo il tratto di sentiero fino al bivio e qui volteremo a destra verso nord e dopo pochi metri raggiungeremo il crinale dal quale inizia la discesa verso il Faro. Il sentiero a differenza dell’altro è alquanto dissestato e bisogna procedere con un minimo di attenzione. Ad un certo punto, appena lasciate sulla destra alcune piccole grotte, lo stradello diventa un rettilineo completamente avvolto da frondosi rami di quercia che formano una volta a sesto acuto.Questo trionfo di verde è interrotto qua e là da alcune macchie di bianco e rosso, sono il fiori ed i frutti del corbezzolo il cui odore aspro si staglia netto in questo spettacolare tunnel, dove la vegetazione è così fitta che oltre il sentiero non scorgeresti una persona a pochissimi metri: un’allegoria della natura, un portico al centro di un convento tutto verde, per ricordarti che sei sull’isola di S. Benedetto. Mentre aspettiamo d’imbarcarci sul nostro barcone vi racconto la leggenda dei serpenti:
In tempi lontani l’isola era piena di serpenti pericolosissimi, ma che amavano la bella musica. Un giorno il re per punire un giovane pescatore, che aveva fatto innamorare la figlia del re col suo bel canto, lo mandò a Zannone, con la promessa che avrebbe consentito al matrimonio sole se fosse riuscito a ritornare sano e salvo dopo un certo periodo da passare sull’isola. Andava incontro a morte certa, se non lo avesse soccorso la sua ben nota genialità, che gli aveva procurato il soprannome di “Sennone”.
A causa dei serpenti il povero Sennone era costretto a starsene sempre in riva mare, ma aveva notato che quando per vincere la noia intonava qualche canzone, i rettili accorrevano in gran numero e si fermavano come ipnotizzati ad una certa distanza da lui. Quando però cessava il canto quelli lo assaltavano e lo costringevano a trovare scampo tuffandosi in mare. Fu allora che gli venne in aiuto la sua genialità. Si mise a cantare a squarciagola senza smettere fino a quando non accorsero tutti i serpenti dell’isola. Quando fu certo che c’erano proprio tutti, si tuffò nel mare continuando a cantare e quelli, innamorati del suo canto lo seguirono finendo tutti miseramente annegati. Fu così che da allora a Zannone non ci sono più serpenti. Insomma è chiaro che grazie a Sennone sull’isola non ci sono serpenti di alcun tipo; solo lucertole tra cui quella verde a pois di Zannone.
Mentre ci dirigiamo con nostro barcone verso la spiaggetta detta della Calcara – per via dei ben conservati resti di un’antica calcara probabilmente eretta dai monaci cistercensi per costruire il loro convento – sulla nostra destra vediamo una ripida inaccessibile scogliera. E’ il luogo dove è ubicata la più grande delle colonie di nidificazione della Berta Maggiore. La spiaggia della Calcara è il posto ideale per farsi un bel bagno dopo la non breve passeggiata terrestre. Chi vorrà potrà approfittare dei bei fondali per mettere maschera e pinne a fare un po’ snorkeling, avendo cura di rispettare la flora e la fauna sottomarina.
La giornata ormai volge al termine è ora di rientrare. Lo faremo completando la circumnavigazione dell’isolotto verso levante, anche per poter ammirare – sia pure solo dal mare – le belle falesie della parte sud orientale ornate da alcuni splendidi esempi di vegetazione rupestre come il Limonium pontium, la Thymalea hirsuta, la Pistacia lentiscus e l’Erica Multiflora. Ma prima di lasciare Zannone alle nostre spalle e puntare su Ponza , avremo modo di ammirare un’altra meraviglia della natura. Davanti a noi verso destra, ci sembrerà di vedere un grande monaco in preghiera, col cappuccio in testa avvolto dal suo saio: lo scoglio del Monaco.
Sarà l’ultima immagine di quest’isola magica il cui ricordo porteremo a lungo con noi. Tra un’oretta saremo in porto pronti a bere il nostro aperitivo preferito.