di Rita Bosso –
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Con Giampiero Fantigrossi lo Stracquo vira verso il figurativo: corpi lunghi ed ascetici, su cui le piccole cose rinvenute a riva restano impigliate. Ovviamente non si tratta di rappresentazioni di tipo naturalistico, mimetico; qui non si vuole riprodurre l’oggetto, imitarlo; si procede invece per allusioni, per suggestioni. L’intensa spiritualità del Profeta (ispirato all’omonimo poema di Gibran) è resa con un brandello di rete e una scheggia di legno; la postura raccolta, chiusa, contrasta con la materia prescelta, fatta di vuoti più che di pieni.
Per il Profeta è giunta l’ora della partenza, mesta perché “Lunghi furono i giorni di dolore vissuti dentro le sue mura, e lunghe furono le notti in solitudine; e chi può lasciare il suo dolore e la sua solitudine senza rimpianto?”. Gli abitanti di Orphalese lo implorano: “Parlaci dell’Amore” …e poi dell’amicizia, del dolore, della bellezza, del bene e del male; il Profeta si attarda a parlare ma la nave è lì, la partenza è inevitabile; tuttavia egli ritornerà “come la marea”. Nasce così il poema che è stato definito un breviario per i laici.
Da sempre Fantigrossi lavora con materiali di scarto: li assembla, dipinge icone su vecchie tavole, realizza testate d’angolo con le pietre inutilizzate dai muratori perché difettose; le sue opere, dice “sono detriti di civiltà, frutto di lunghe passeggiate sulle nostre spiagge; sono pezzi unici e autentici, sono assemblaggi di materiali inutili, scartati dalla produzione e dall’utilizzo umano. Levigati dal mare e dal vento, questi cocci, vetri, ferraglie, legni e plastiche diverse, nobilitati solo da piccoli interventi di graffi e colore, rappresentano una scommessa artistica: – E’ possibile dare nuova vita ai detriti della civiltà?”.
A Ponza ha realizzato, oltre al Profeta, altre due opere: un Fratino e l’ippocampo.
Immagine di copertina: Giampiero Fantigrossi –Canguro di Mare – Ponza, aprile 2014
Fonte :http://www.ponzaracconta.it/2014/04/4/cronache-dallo-stracquo-11/