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LUIGI MARIA DIES - Uomo e Sacerdote - Biografia essenziale (2) - Ass. Cala Felci

LUIGI MARIA DIES – Uomo e Sacerdote – Biografia essenziale (2)

Continua a puntate la biografia di Dies. Ecco la seconda parte:

2. Ponza

Il 10 settembre del 1939 il giovane sacerdote giunse a Ponza.…”Confino politico, acqua potabile PIOVANA, servizi lentissimi dei postali trisettimanali. Vi fui spedito ventisettenne.”

A seguito delle leggi speciali di pubblica sicurezza del 1926, il regime fascista istituì, a partire dal 1928 il confino politico a Ponza. Dieci anni dopo, nel 1938, a seguito di numerose proteste della popolazione, ma soprattutto perché il regime ritenne l’isola poco sicura, fu deciso di chiudere la colonia di Ponza e aprire quella di Ventotene.
Nel 1939, quando don Luigi giunse a Ponza il confino politico stava per “chiudere”.
Tra la fine del 1939 ed il primo semestre del 1940 il grosso dei confinati di Ponza fu trasferito tra Pisticci in Calabria e la vicina isola di Ventotene. Ma in effetti la colonia di Ponza, pur se formalmente chiusa, ospitò prima alcuni internati etiopi, poi via via che la guerra avanzava, internati politici greci, albanesi, jugoslavi che Vi rimasero fino all’8 settembre del 1943.

Tornando a don Luigi Dies vediamo dalle pagine di un suo memoriale come descrive prima la vicenda personale che lo aveva portato sull’isola.

…..” Quando si accorse(don Salvatore Buonuomo n.d.a.) d’avermi calunniato e
FATTO DEPORTARE innocentemente, allora egli mi chiese perdono e il mio
Vescovo, che mi stimava, accrebbe per me il suo affetto.

L’uso del termine deportare in maiuscolo la dice lunga su come dovesse apparirgli dura la realtà isolana di quegli anni.
Visse quindi gli ultimi mesi della colonia confinaria di Ponza. Poco dopo della partenza dei confinati scoppio la guerra.

Nei primi anni la guerra sfiorò solo l’isola e vi arrivavano riflessi ovattati dalla distanza e dalla carenza di comunicazioni.
Tanto che don Luigi si dedicò con entusiasmo alla sua nuova parrocchia. In primo piano la sua attenzione verso i più giovani. Li andava scovando dappertutto per portarli in chiesa. Appariva all’improvviso nei luoghi più disparati specie quelli frequentati dai giovani per i loro giochi da scavezzacollo. Era normale per lui andare un giorno a scovare i ragazzi della zona della Dragonara che giocavano nelle grotte di quella zona o quelli del Porto ch giocavano nei Camerini dell’ex colonia confinaria o negli anfratti di Monte Saracino. Lanciò le sue prime iniziative “acchiappa giovani”. Canti, musica, spettacolini cercò in tutti modi di coinvolgere i giovani dell’epoca. La parrocchia divenne un centro di aggregazione che forse non si era mai visto prima e mai più eguagliato. (probabilmente in questo periodo nascono le iniziative mariane che ancora oggi permeano la nostra comunità – cheste è santa sta iurnata… è una tradizione che non bisogna perdere…)

Appena arrivato comincia a pensare all’ampliamento della chiesa della SS. Trinità, dedicata ai Santi Silverio e Domitilla, patroni dell’isola di Ponza. La chiesa, come il porto, il corso, il municipio e tutto il “foro “, era opera della colonizzazione Borbonica dell’isola a partire dal 1738. La chiesa del 1775 a pianta circolare, ma di modeste dimensioni, non rispondeva più alle nuove esigenze e don Luigi penso di ampliare la chiesa facendo diventare…”la rotonda il centro di una croce latina coll’innestarvi il braccio più lungo antistante, come navata principale”……”il primo passo bastò”.chiesa anni 30

Infatti i due bracci laterali della prevista croce latina non furono mai costruiti. Continuando ad attingere da un memoriale di don Luigi

……”Incontrai provvidenzialmente, tra i primi amatori di Ponza, il prof. Carlo Pieri di Roma, che stese il progetto; il soprintendente ai monumenti del Lazio prof. Terenzio, l’approvò e il mio caro maestro, mons. Salvatore Leccese di Gaeta, presidente della Commissione Diocesana per l’ Arte Sacra, incoraggiò la mia iniziativa.”

Nel 1941 riesce ad iniziare i lavori ed al grido “una pietra per ogni persona” riesce a coinvolgere la comunità parrocchiale alla costruzione della nuova navata della chiesa. Quando un bastimento carico di pietre, per l’ampliamento della chiesa, arrivava in porto, bisognava scaricarlo. A quel punto in parroco inviava un gruppo di chierichetti o comunque ragazzi che frequentavano la parrocchia in giro per le strade del paese a chiamare a raccolta i fedeli, suonando una campanella, e cantando una strofetta in dialetto:

Chi nun vo’ vede ‘ miseria
Porta i’ pprete a San Silverio.

Una teoria di volontari, uomini,donne e fanciulli, di ogni ceto sociale trasportavano a
spalla pietre per la chiesa, e don Luigi sulla porta della chiesa benediceva ed
incoraggiava i volenterosi.

Terminati i lavori di ampliamento………”s’imponeva quello di decorazione,e pensai con essa di rendere omaggio al Sommo Iddio, alla Madonna e ai Martiri nostri….Mi proposi insomma di riprodurre nella chiesa una decorazione didattica o didascalica la quale potesse riuscire comodissima al sacerdote, che, nei suoi catechismi ai piccoli e agli adulti, si poteva riferire a queste singolari rappresentazioni murali”…..

La-Chiesa-di-Ponza-negli-anni-30-40

Don Raimondo, l’avioprete, come lui si definisce, agostiniano sostiene che le decorazioni della chiesa, ancorché “tarde”, sempre per usare un suo termine, vanno conservate non tanto per il loro valore artistico, quanto per il valore storico didascalico che hanno. Infatti esse raccontano la storia della nostra isola. Parlano dei martiri cristiani dei primi secoli che raccolsero la palma del martirio nella nostra terra. Parlano del periodo del medioevo e dei grandi insediamenti monastici (benedettini, cistercensi).
Ci ricordano un grande “ponzese” poco noto Rainerus de Pontos, ovvero Raniero di Ponza, che non sfuggì al Dies. Infatti c’è lo segnala nel suo libro Ponza perla di Roma, parlando  della “cattedrale” di Palmarola.(p. 141 ).
I lavori si conclusero nel 1943. Stranamente si compì un’opera di pace, come l’ampliamento di una chiesa in periodo di guerra. Fino ad allora la guerra era stata abbastanza lontana dall’isola e pochi sono i riferimenti alla guerra negli scritti di don Luigi, anche in alcune canzoni, gli echi della guerra comunque riverberano, insieme al desiderio di pace:

In “Stelline d’Oro”:
….. amore che vagisci tra le grida di orrore
di un mondo che tradisce…

In “Fa’ la nanna”:
Fà la nanna bel Bambino sogna amore e sogna pace
In “Iri”:
Iri foriero di pace, dolce presagio d’amore.
Sogno che invita il mio cuore……

Nel ’43 Dies volle anche un nuovo orfanotrofio?? (Ponza è tua Silverio l’ha detto… pare sia stata scritta in quell’occasione….)

Un altro riferimento alla guerra lo troviamo nel suo diario in data 11 novembre
1941:… Solo la guerra…semina strage, lutto e pianto. Quasi tutte le notti i velivoli inglesi bombardano l’Italia meridionale e Napoli che ogni volta segnare vittime e danni ingenti. O mio Dio, quanto costa lottare col demonio, e il demonio è la Russi bolscevica contro la quale provvidenzialmente combattono tedeschi ed anche gli italiani………

Non è una novità che i disegni di egemonia imperialista del regime fascista erano
camuffati dallo spauracchio dell’avanzata del comunismo in europa e nel mondo.

La propaganda martellante del regime trova terreno fertile nella naturale avversione
delle gerarchie ecclesiastiche al comunismo. Questa “avversione”don Luigi la
confermerà per tutta la vita, come vedremo in seguito.
Esempio di questa intransigenza “politica” si possono trovare anche in un passo de “Atto di Consacrazione a Maria”, una preghiera scritta da Dies per i giovani dell’A.C. di Ponza , probabilmente nel primo dopoguerra:“…Non darò mai il mio nome ad associazione alcuna vietata dalla Santa Chiesa…“ Chiaro il riferimento al partito comunista.

Nel 1943 un altro grande evento segno la vita del parroco di Ponza. Il 28 luglio la corvetta della Regia Marina Persefone sbarca sull’isola Benito Mussolini.
La nave militare gettò le ancore nel porto di Ponza alle 11 del mattino. Proveniva da Gaeta dove la notte precedente aveva segretamente imbarcato il deposto duce del Fascismo. Vi era stato trasportato, sotto scorta dei Carabinieri su una ambulanza per non svelare la presenza dell’illustre prigioniero.

In un primo tempo l’idea era quella di imprigionare il Duce, sfiduciato dal voto del Gran Consiglio del Fascismo del 25 luglio, congedato da primo ministro e fatto arrestare, il pomeriggio dello stesso giorno, dal Re Vittorio Emanuele III, all’isola di Ventotene. Infatti alle 5 del mattino di quel 28 luglio la Persefone si presentò davanti al porticciolo con l’intento di sbarcarvi o illustre prigioniero. Ma prima sbarcò il capo della Polizia Militare Vincenzo Polito per un’ispezione. Si incontrò il capo della polizia di Ventotene, il commissario Marcello Guida, il quale fece presente a Polito che non era in grado di garantire l’incolumità del Cav. Benito Mussolini, quando sull’isola, dove vi erano confinati dal regime circa 800 tra i più tenaci antifascisti, si sarebbe sparsa inevitabilmente la notizia della presenza sull’isola del deposto duce del fascismo. Polito prese atto delle sensate osservazioni di Guida, che nel dopo guerra troveremo  questore di Milano, e tornato a bordo ordinò al comandante, ammiraglio Franco Maugeri, di puntare su Ponza.

A Ponza in quel periodo, oltre agli internati greci, albanesi, slavi, eccetera, vi erano anche Pietro Nenni e Tito Zaniboni.
Nenni , socialista, vi era giunto nella primavera del 1942, catturato in Francia dalle truppe tedesche e consegnato alla polizia italiana, che avrebbe dovuto deferirlo al Tribunale Speciale con l’accusa di tradimento e quindi condannarlo a morte, secondo le intenzioni di Hitler. Mussolini invece decise di confinarlo a Ponza forse in ricordo della comune antica militanza politica.
Zaniboni, deputato socialista fino all’avvento del fascismo, iscritto alla massoneria, vi era giunto nel marzo di quello stesso anno, dopo sedici anni di prigione trascorsi principalmente nel carcere di Alessandria, per essere stato, nel novembre del 1925, l’artefice di un fallito attentato contro Mussolini.(1)

Questi tre personaggi, per qualche giorno abitarono sulla stessa isola pur senza mai incontrarsi.
Il 5 Agosto successivo don Luigi Dies ricevette da Mussolini una lettera, nella quale questi gli chiedeva di celebrare una messa in suffragio del figlio Bruno, abbattuto col suo aereo il 7 agosto del 1941 nel cielo di Pisa. Insieme alla lettera vi erano un’offerta di mille lire ed un libro, la Vita di Gesù Cristo, dell’abate Giuseppe Ricotti.
Su questo episodio storico don Luigi Dies scrisse un interessante opuscolo dal titolo “Istantanea Mussoliniana”. Diventato di nuovo consultabile grazie all’iniziativa di Tommasino Vitello, nipote di don Luigi Dies, che ha provveduto alla sua ristampa.

Proprio il 7 agosto Mussolini lasciò l’isola per essere trasferito prima all’isola di La Maddalena, in Sardegna, e poi sul Gran Sasso dove venne liberato dai tedeschi.
Nenni era stato liberato qualche giorno prima.

Zaniboni invece lasciò l’isola nel mese di settembre dopo esserne stato, per pochi giorni governatore per volere degli Alleati che avevano liberato l’isola il 9 settembre. La notte prima era stata liberata Ventotene.

Il giorno prima, l’8 settembre, giorno dell’armistizio, il centro dell’isola fu mitragliato da un aereo tedesco che passò a bassa quota. Molta paura, qualche foro nelle mura, ma niente altro.

Con la partenza di Zaniboni, l’ultimo dei confinati, si chiude definitivamente l’era del Confino Politico, che aveva tenuto l’isola fuori dai circuiti turistici, nonostante le sue indiscusse bellezze naturali.

Fino a qual momento l’isola non aveva patito in modo particolare della situazione bellica. Dopo l’armistizio purtroppo la situazione dell’isola peggiorò in modo gravissimo. I collegamenti con Gaeta e Napoli erano interrotti, anche in seguito all’affondamento del P.fo S. Lucia, silurato dagli inglesi al largo di Ventotene, con oltre 100 passeggeri provenienti da Ponza, il 24 luglio del ’43. Gli approvvigionamenti sono difficili e la fame attanaglia l’isola.

…(da una nota del 2.2.44)…”Le condizioni della popolazione sono sempre più disastrose. Una fame che raggiunge l’inverosimile spazza via tutti i vecchi e riduce in istato lacrimevole i ragazzi. S’aggiunge il cattivo tempo e le barche che trasportano i viveri non possono tornare da Napoli. La fascia costiera prospiciente l’Isola è in mano ai Tedeschi e la guerra staziona a Cassino, al Volturno, e la linea delle operazioni non si sposta da questi punti”…

La fame attanaglia l’isola al punto che l’erba sul bordo delle strade non ha neanche il tempo di crescere. Si sviluppò come il mercato nero.  Dopo la prima nave di aiuti, pilotata dal famoso comandante e armatore Antonio Feola, meglio conosciuto come Totonno Primo, arrivavano sull’isola  altri bastimenti carichi di genere alimentari di prima necessità. Ma i prezzi di quest’ultime erano esorbitanti e alcuni trafficanti si arricchirono vendendo a peso d’oro la loro merce. La popolazione subiva il ricatto di questi personaggi con pochi scrupoli e vendeva i gioielli e la biancheria in cambio di pochi chili di farina. Ci fu qualche tentativo di “esproprio proletario” ante litteram, ma la legge intervenne duramente e l’ordine fu ristabilito, arrestando qualche giovanotto più intraprendente.
Il parroco davanti a questo stato di cose, non rimase con le mani in preghiera ma agi. Nell’aprile del 1944 istituì un Monte di Pietà denominato Opera di San Silverio – L’Aiuto ai bisognosi. In questo modo cercò di evitare che la sua gente si privasse di oro e gioielli in cambio di un pezzo di pane. Non sappiamo che entità di operazioni fu messa in piedi da questo Monte di Pietà, ma è certo che contribuì ad alleviare la pesante situazione del momento e ad unire la comunità intorno alla parrocchia.

(Continua)

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(1) – Il 16 e 17 Giugno del 1945 i maggiori industriali italiani si riuniscono a Torino per decidere i piani per la lotta al comunismo, sia con la propaganda che con l’organizzazione di gruppi armati, questi ultimi affidati a Tito Zaniboni. Secondo un rapporto dei servizi segreti americani: “…le spese previste sono enormi ma gli industriali sono disposti a finanziare l’avventura…”; 120 milioni sono stanziati subito, e vengono depositati in Vaticano.

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