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Storie del porto. Quattro cazzotti e un funerale - Ass. Cala Felci

Storie del porto. Quattro cazzotti e un funerale

Il bel racconto di Rita Bosso”Duecento anni in duecento metri” ha aperto una finestra nei miei ricordi. Come i fotogrammi di un film mi sono passate nella mente tante immagini evocate dal racconto e dalle foto.  Ricordi legati alla mia infanzia – in buona parte passata su quel Corso – nel ristretto tratto compreso tra la casa di mia zia Maria e il tabacchino (nella versione Adele Manna), ma anche ricordi più “recenti”.  Mi riferisco in particolare a uno, legato al giorno dei funerali della signora Adele Manna.

Era il 24 agosto del 1974, lungo tutto il corso Pisacane si andava assiepando la gente che aspettava l’uscita del feretro della signora Adele Manna previsto per le 17. Il corteo funebre partendo da via Corridoio sarebbe sceso dal portone di Pascarella e dopo aver percorso  Corso Pisacane fino alla Punta Bianca, sarebbe tornato indietro verso la chiesa e il cimitero. Allora si usava così.

La maggior parte era addossata al parapetto e ingannava l’attesa chiacchierando a gruppetti o guardando quello che accadeva nel porto e sulla banchina sottostante.

Anch’io ingannavo l’attesa affacciato al muro insieme a Raffaele Panico, marito di mia cugina Civita, mentre il resto della famiglia, compreso mio figlio di tre mesi, stazionava in parte dentro casa e in parte sulla strada, davanti alla porta.

Sotto di noi sulla banchina una barca calabrese a pesce spada, stava imbarcando esche congelate contenute in cartoni piuttosto malridotti. Il quel periodo il pesce spada si pescava con i palamiti e il mare di Ponza era talmente pescoso da essere meta – durante l’estate – di molte barche per la pesca al pesce spada calabresi e siciliane.

Osservai che i marinai di questa barca buttavano in mare tutti i cartoni contenenti le esche surgelate, man mano che le imbarcavano. Le acque del porto intorno alla barca erano piene di cartoni. La cosa m’indignò e mi rivolsi a loro invitandoli a non buttare a mare i cartoni, ma piuttosto ammucchiarli sulla banchina  dove gli spazzini avrebbero potuto raccoglierli e smaltirli.

Non capii esattamente che cosa dissero in risposta al mio invito, ma era un evidente vaffa a cui Raffaele al mio fianco rispose per le rime. La cosa sembrava essere finita lì. Ma mi sbagliavo.

Non ricordo quanto tempo passò – ma di certo il funerale non era ancora cominciato e la gente in attesa lungo il muro era aumentata –  quando dalla Punta Bianca spuntarono quattro marinai della barca calabrese, schierati tipo “Sfida all’ok Corral”. Due di loro erano armati con dei grossi coltellacci. Fui il primo a vederli e intuire il pericolo. Gridai a mia moglie di entrare in casa con mio figlio nel passeggino e mi preparai allo scontro con a fianco Raffaele, mio padre e zio Pasquale. E scontro fu. Raffaele e mio padre affrontarono i due armati di coltello avendo la meglio. Raffaele fracassò una sedia in testa a uno e mio padre agguantò il tizio al collo e tenendolo con un braccio gli dava pugni con l’altra mano. Zio Pasquale, a dispetto della non verde età,  rispolverò con successo le lezioni di boxe che aveva preso durante il suo soggiorno negli USA. Io sferrai un calcio che per mia fortuna raggiunse un punto molto sensibile del mio avversario che crollò a terra come un sacco vuoto. Rapidi come erano giunti batterono in ritirata e tornarono a bordo della loro barca. Tranne il mio avversario, tutti avevano evidenti ferite ed ecchimosi varie. Lo scontro si esaurì in pochi minuti, tanto che nessuno dei numerosi paesani presenti ebbe il tempo d’intervenire. Dopo qualche tempo che i nostri aggressori erano tornati a bordo della propria imbarcazione, arrivarono i carabinieri che chiesero a costoro ragione delle loro varie evidenti ferite. Unanimamente risposero che se le erano procurate in diversi incidenti sul lavoro. Dopo poco partirono e non li abbiamo più rivisti. Per qualche giorno fummo un po’ preoccupati temendo il loro ritorno con propositi di vendetta.  Il nostro vicino Gaetano Coppa “u russo”– rammaricatissimo di non averci potuto aiutare, perché il quel momento lontano dal suo negozio, da ex legionario mi offrì una baionetta per difendermi in caso di ritorno dei pescatori di pesce spada, che per fortuna non servì.

La cosa ovviamente fece un certo scalpore tanto che ce ne dovrebbe essere traccia anche in un Consiglio Comunale che votò un odg per lodare il mio comportamento “ecologico”.

Il funerale della dolce e mite signora Adele Manna non fu influenzato da questo inusitato e non voluto scoppio di violenza.

franco schiano

 

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