di Rita Bosso
Enzo Striano e Mimma Martinelli sulla spiaggia di Sant’Antonio
La foto, tratta dall’album della famiglia Striano, è stata scattata nel 1958.
Enzo Striano ha appena ultimato il romanzo Giornale di adolescenza.
Vasco Pratolini, che a Napoli insegna all’Istituto d’Arte, lo ha letto e non si è sbilanciato: “È un gran libro oppure è una grande occasione mancata: non so. Fallo vedere anche ad altri.”
Pratolini ha scritto romanzi di successo (Metello, Cronache di poveri amanti), ha vinto premi prestigiosi, scrive sceneggiature; Striano tiene al suo giudizio. Lo scrittore toscano, in passato, gli ha espresso apprezzamento (“Guardi dentro il vico e nei bassi facendo parlare le cose e le persone”), gli ha dato suggerimenti (“Devi uccidere il Di Giacomo che sopravvive dentro di te”, “Devi capire dove le buone intenzioni restano tali e non contribuiscono a creare un personaggio”), potrebbe mettere in contatto con le grandi case editrici altrimenti inaccessibili: ad esempio l’Einaudi, dove impera Elio Vittorini che promuove (Cassola, Fenoglio, Calvino) o boccia (Il dottor Zivago di Pasternak, Il tamburo di Latta di Grass, il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa). Chi entra in quel giro, ha svoltato.
Enzo Striano non è uno scrittore alle prime armi, ha collaborato con diverse riviste letterarie, è stato redattore de L’Unità; sa di avere scritto un romanzo non banale, vale la pena sottoporlo ad “aspri, ripetuti tentativi di riscrittura” senza rinnegarne le peculiarità. Riscrive, lima, corregge e, a maggio del ’58, spedisce a Pratolini.
Un fotogramma di un film del 1954
Estati diverse attendono i due scrittori: a Ponza, il giovane napoletano vive gli inizi di una storia d’amore importante e rielabora il suo romanzo; il toscano affermato va e viene da Capri, frequenta i giri che contano, insieme a Visconti scrive la sceneggiatura di Rocco e i suoi fratelli, rimanda la lettura del manoscritto e, alla fine, esprime un giudizio lapidario: “Devi rifarlo tutto. Non c’è ottimismo. Niente eroi positivi.” Qualcosa di positivo, invece, c’è, e finisce pari pari nel romanzo a cui Pratolini sta lavorando in quei mesi: un plagio tout court. La vicenda descrive in modo asciutto, oggettivo – alla Striano- un certo contesto.
Qualche anno dopo Striano scriverà, con amarezza comprensibile: “Le pagine che vengono date qui appresso furono stese molti anni addietro, e, dopo, abbandonate con delusione, amarezza, rovello. M’ero ripromesso grandi risultati, accingendomi a scriverle.”
In questi giorni sto leggendo Giornale di adolescenza, in buona compagnia. Che nelle sue pagine possa essere rimasto qualche granellino della rena di Sant’Antonio è solo una simpatica coincidenza; ben altri sono i meriti del romanzo.
È, a mio giudizio di lettrice, un’opera complessa, matura, con meccanismi interni ben congegnati; sono presenti i temi che, venticinque anni dopo, animeranno Il resto di niente, e non in forma acerba, da opera prima, quale infatti Giornale non è. Striano ha già assimilato ed elaborato, in chiave personale ed originalissima, la grande lezione del realismo europero: non perdere di vista la foresta per concentrarsi su un solo albero, non trascurare l’albero per descrivere la foresta.
Scriverò del Giornale di adolescenza a lettura ultimata, se non lo farà qualche altro lettore; per ora mi gusto le pagine, seguo con trepidazione le vicende di Paul, sospetto che Memena deluderà il povero Mario, immagino una brutta fine per i signori Pisanti. Temo una brutta fine per tutti, a dire il vero, nella Napoli grigia e cupa alla vigilia della guerra.
Vedremo cosa riservano le prossime duecento pagine.